Perché le balene trattengono il respiro per ore? Il segreto scientifico dell’emoglobina e della respirazione subacquea


Il mondo subacqueo nasconde innumerevoli segreti, ma uno dei più affascinanti è senza dubbio l’incredibile capacità delle balene di trattenere il respiro per tempi che a noi umani sembrano impossibili. Mentre noi facciamo fatica a superare i 2 minuti in apnea, alcuni cetacei possono immergersi per oltre 2 ore. Come riescono in quest’impresa? La risposta sta in una serie di adattamenti evolutivi straordinari, con l’emoglobina in prima linea.

L’emoglobina delle balene: un prodigio molecolare

L’emoglobina è la proteina che trasporta l’ossigeno nel sangue di tutti i mammiferi, ma quella delle balene possiede caratteristiche uniche. Gli scienziati hanno scoperto che la sua struttura è stata modificata dall’evoluzione per:

  • Legarsi all’ossigeno in modo più efficiente
  • Resistere a pressioni estreme (fino a 200 atmosfere!)
  • Rilasciare ossigeno in maniera controllata durante l’immersione

La chiave sta nella disposizione degli amminoacidi che formano questa proteina. L’emoglobina delle balene presenta sostituzioni particolari che le permettono di mantenere un’alta affinità con l’ossigeno anche in presenza di elevati livelli di anidride carbonica, condizione che negli esseri umani porterebbe a un rilascio precoce dell’ossigeno (effetto Bohr).

Magazzini di ossigeno: la mioglobina

Se l’emoglobina trasporta l’ossigeno, la mioglobina lo conserva nei muscoli. Le balene possiedono concentrazioni di mioglobina fino a 10 volte superiori rispetto agli umani. Questo pigmento, che dona ai muscoli dei mammiferi marini il caratteristico colore scuro, funziona come una riserva durante le immersioni.

Un capodoglio, ad esempio, immagazzina circa il 72% del suo ossigeno totale nella mioglobina muscolare, mentre negli esseri umani è solo il 13%!

“La quantità di mioglobina nei muscoli di una balena è così elevata che, se fosse presente nei muscoli umani, provocherebbe gravi danni cellulari” – spiega la Dott.ssa Mireille Baumann, biologa marina.

Polmoni progettati per collassare

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, i polmoni delle balene non sono più grandi dei nostri in rapporto al corpo. Il segreto sta nel fatto che sono progettati per collassare in modo controllato durante le immersioni profonde, permettendo di:

  1. Ridurre il rischio di malattie da decompressione (note tra i subacquei come “embolia”)
  2. Convogliare l’ossigeno residuo nel flusso sanguigno
  3. Diminure il galleggiamento per facilitare l’immersione in profondità

A oltre 200 metri di profondità, la pressione fa collassare completamente i polmoni dei cetacei, spingendo l’aria verso le vie aeree più rigide, dove l’azoto non si dissolve nel sangue – un meccanismo naturale che li protegge dalla narcosi da azoto.

Bradicardia estrema: il cuore che quasi si ferma

Durante l’immersione, il battito cardiaco delle balene rallenta drasticamente. Un capodoglio può passare da 60 a soli 10 battiti al minuto! Questa bradicardia estrema aiuta a conservare l’ossigeno e a prolungare il tempo di immersione.

Contestualmente, il sangue viene ridistribuito grazie alla vasocostrizione periferica, che lo convoglia da pelle e organi meno essenziali verso cervello, cuore e muscoli, garantendo il nutrimento necessario durante l’immersione.

Record da capogiro

Questi adattamenti consentono prestazioni subacquee notevoli:

Specie Tempo massimo di immersione Profondità massima
Capodoglio 2 ore 2.800 metri
Balenottera azzurra 30 minuti 500 metri
Balena di Cuvier 3 ore e 42 minuti (record!) 2.992 metri

Oltre l’emoglobina: tolleranza all’anossia

Le cellule cerebrali delle balene resistono sorprendentemente a bassi livelli di ossigeno (anossia), condizioni che sarebbero letali per l’uomo. I loro tessuti funzionano in condizioni di ossigenazione ridotta grazie a:

  • Enzimi specializzati per il metabolismo anaerobico
  • Un’elevata presenza di proteine come neuroglobina e citoglobina, che proteggono il cervello
  • La capacità di accumulare acido lattico nei muscoli senza causare danni

Questi adattamenti, frutto di milioni di anni di evoluzione, consentono alle balene di esplorare abissi inaccessibili a noi. Studiando questi meccanismi, si potrebbero sviluppare nuove terapie per condizioni umane come ictus, infarto e lesioni da riperfusione, dimostrando ancora una volta quanto la natura sia fonte d’ispirazione per la scienza.

La prossima volta che vedrete una balena riemergere dopo una lunga immersione, ricordate che state assistendo a uno degli esempi più straordinari di adattamento biologico del nostro pianeta, un vero capolavoro dell’evoluzione che continua a stupire gli scienziati di tutto il mondo.


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